BRA 18 ottobre 2013
Ogni
volta che ci si avvicina ad un incontro a partire dal 2006, anno
d’inizio della nostra avventura, succede sempre la stessa cosa:
un certo senso di eccitazione per l’attesa dell’incontro tra
vecchi amici ed un poco di malinconia nel ricordare da dove ebbe
inizio la nostra conoscenza reciproca e la nostra duratura
amicizia.
Questa
volta c’era qualcosa di più che rendeva oltremodo acceso
l’interesse per il nostro incontro. Sapevamo che altri vecchi
amici sarebbero stati presenti e che la famosa “Operazione
Pennone”, lanciata nel 2011 assieme al Gruppo A.N.A. di Bra, per
quanto riguarda la volontà politica è giunta al termine.
L’Amministrazione, come “l’uomo Del Monte” ha detto sì!
Il giorno
dell’incontro, come ci ricordava quasi tutti i giorni Ernesto
usando la nota frase a carattere “najone” che misurava la
distanza dal Congedo contando i giorni che mancavano all’alba,
era finalmente arrivato.
Gianni ed
Ernesto ci avevano preceduto alloggiando al Cavalieri (sappiamo
che Ernesto aveva legami particolari con questo hotel) per
essere pronti a ricevere i partecipanti e ad organizzarne
l’accoglienza.
Purtroppo
i primi malanni di stagione, un brutto evento e impegni
dell’ultimo minuto hanno causato alcune defezioni sia tra gli
Alpini che tra le gentili consorti. Peccato non esserci stati
tutti: saremmo stati veramente un bel numero!
All’ora
stabilita dal programma della giornata hanno iniziato a giungere
i partecipanti. Anche il tempo, che in questo periodo può tirare
brutti scherzi, sembrava essere dalla nostra parte regalandoci
una giornata che un timido sole rendeva tiepida. Certo il
momento era atteso da molti. Infatti erano ben sei i vecchi
commilitoni che partecipavano per la prima volta all’incontro e,
calendario alla mano, ciò voleva dire che erano passati ben 47
anni dal quel lontano 1966 che li vide assieme al C.A.R. del 2°
Reggimento Alpini di Bra sotto quel pennone nella vecchia
Caserma Trevisan. E’ stata per tutti, dopo i primi momenti
dedicati a cercare di associare le fisionomie attuali a quelle
dei ragazzi di allora, una grande emozione. Virgilio Petigat,
Giuseppe Cerchio, Lorenzo Durante, Gabriele Rigamonti, Antonio
Gotta e Giuseppe Viberti erano nuovamente assieme a noi, ormai
veterani dei “Ragazzi del Secondo Sessantasei”, all’adunata dei
ricordi.
E’
difficile spiegare cosa succede dentro di noi in questi momenti.
La prima è quella di ringraziare chi aveva deciso di far sì che
il nostro servizio di leva ci ha permesso di fregiarci del nome
di Alpini. Non è retorica o estremo spirito di Corpo, è la
constatazione che queste cose avvengono nel 99,99 per cento dei
casi da chi ha avuto l’onore di portare una Penna sul cappello.
Ciò che
succede subito dopo è diverso per ognuno di noi e segue quella
che è
la natura dei propri sentimenti. Chi si abbandona a grasse
risate e chi cade nel silenzio e assapora i momenti quasi come
spettatore felice di un evento gustato da altri e chi, a questo
silenzio, è indotto da un groppo in gola che gli rende difficile
parlare. Insomma una girandola di emozioni che sfociano nei
ricordi di gioventù.
Dopo che
le persone svelavano il mistero della propria identità che altri
cercavano di intuire, era venuto il tempo di recarci in
Municipio per il tanto atteso incontro con la Signora Sindaco
Bruna Sibille che aveva risposto alla nostra richiesta
d’incontro fissando l’appuntamento per le ore 11,30. Subito
l’organizzazione Parodi-Vigo dava sfoggio delle proprie capacità
rendendo facile il raggiungimento del Municipio, poiché il
venerdì, giorno di mercato, diventa difficilmente raggiungibile
se non a piedi e la distanza era molta per i non più giovani
Alpini. Infatti ci fecero la sorpresa di rendere disponibile un
pulmino affittato (a loro spese) presso l’albergo pronto a fare
da navetta tra il luogo d’appuntamento e il Municipio.
All’ora
stabilita abbiamo incontrato la Signora Sindaco Bruna Sibille
accompagnata dall’Ingegner Gaia al quale era stato dato il
compito di trovare una soluzione tecnica per riuscire a
mantenere il pennone.
L’incontro, del quale daremo maggiori dettagli in altra pagina,
è stato molto cordiale. Abbiamo fatto capire l’importanza
simbolica che aveva per molti alpini il mantenimento del pennone
e abbiamo ringraziato per l’esito positivo della nostra
richiesta consegnando un attestato di stima alla Signora
Sindaco, che ha gradito molto. In modo più informale e
simpatico, si aggiungeva un piccolo dono da parte di Ernesto
Vigo (rifrangenti per i raggi della bicicletta) che, vista la
passione della Signora Sindaco per la bicicletta, risultò
particolarmente gradito. Si era intanto aggregato a noi Stefano
Milanesio
che fu il primo attendente dell’allora Capitano Anderi e voleva
essere presente per salutarlo.
Ovviamente una foto sanciva
l’emozionante incontro. Unico neo è stata l’assenza dovuta ad
indisposizione del Colonnello Burdese, Ufficiale
che comandò
l’ultimo ammaina bandiera. Dopo i saluti e le foto di rito la
navetta ci riportò al Cavalieri da dove ci dirigemmo verso il
ristorante.
Il luogo
scelto dal “nostro agente a Bra” Nino Terreno era il Ristorante
La Cascata di Verduno. Bel posto nel verde circondato da due
laghetti ove, nella pace del luogo, galleggiavano Anatre e
Germani e volava con eleganza un Airone Cenerino. Purtroppo per
i motivi a cui avevamo accennato, mancavano molte signore. La
bandiera era tenuta alta dalle gentili consorti di Giuseppe Viberti e Nino
Terreno accompagnata dalla nipotina Lia. Una
gradita sorpresa è stata quella del dono di alcune bottiglie di
Cannonau, inviateci per l’occasione e provenienti da un
estimatore sardo del nostro gruppo, Piero Galizia da Nuoro che nulla ha a che fare con
gli alpini, conoscente di Gianni Parodi.
Tra un
bicchiere, pochi per chi doveva guidare, e una portata si
snocciolavano i ricordi, gli aneddoti e gli episodi che
riportavano alla mente i giorni spensierati della nostra
giovinezza. Nel vederci a nessuno poteva venire in mente che per
molti di noi erano passati ben 47 anni dall’ultima v
olta che
erano stati assieme. In effetti, sotto questa penna, tutto pare
fermarsi. I ricordi sono vissuti come nel presente
e l’amicizia
non è mutata, anzi pare rafforzata. Cadono le distanze tra i
gradi e si avvicina la stima reciproca di chi ha percorso
assieme una seppur breve, ma intensa parte della propria vita.
Finito il
pranzo siamo ritornati al Cavalieri con l’intenzione di andare a
visitare le caserme, ma vista l’ora tarda abbiamo rimandato il
giro per Bra e i luoghi del nostro servizio militare ad altra occasione. Forse era una scusa per
ritrovarci ancora in quei luoghi.
Fortunatamente molti non hanno avuto modo di vedere lo stato di
fatiscenza in cui alcuni anni orsono la “nostra” Trevisan si
trovava. Chi avuto modo di vedere quello sfacelo aveva subito un
duro colpo al cuore, e qualcuno, non riuscì a sopportarne la
vista allontanandosi con le lacrime agli occhi. Ci rendiamo
conto che certe emozioni non tutti le possano capire ed
apprezzare, ma d'altronde non a tutti è stata data
l’opportunità di portare la penna sul cappello.
I soldati di montagna, checché se ne dica, sono diversi, perché
è la montagna stessa che unisce. La fatica delle lunghe marce,
l’affrontare le intemperie e la solidarietà, dimostrata verso
chi in quel momento è stanco e sembra cedere, ne sono il
cemento. Questo è DNA alpino che ti viene dato assieme a quel
cappello e non importa se, come dice Vigo sei “alpino da
cortile”: ormai è dentro di te.
|