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BRA 17
Giugno 2006
Come
quarant'anni fa ho voluto ripetere alcune delle cose
che restano il si
mbolo di quel caldo
giugno del
1966. Ricordo che quando giunsi alla stazione
ferroviaria di Bra, guardai fuori dal finestrino per
vedere dove mi fermavo. Non ero mai stato a
Bra ed ero curioso. Tralascio il racconto del primo
contatto con gli Alpini, che avvenne proprio alla
stazione e che mi fece conoscere quei
Caporali Istruttori che, pensandoci ora, furono il
presagio di ciò che doveva accadere a me ed ai mie
amici ancora sconosciuti.
Un altro
flash, che ricordo molto bene, fu che appena
usciti (ovviamente inquadrati) dalla stazione, mi
voltai, chissà con quali tristi pensieri, e guardai
l'edificio, che per me rappresentava la porta di
ingresso a quello sconosciuto periodo della vita e che rimane tuttora come
una importante esperienza. E' stato per questi
motivi che ho voluto arrivare a Bra in anticipo:
volevo rimanere un poco da solo a così tanti anni di
distanza per ripercorre con
il pensiero e con gli atti questi momenti vissuti .
Questa zona di Bra
praticamente non è cambiata e, di conseguenza,
sembrava tutto rimasto fermo ad aspettarci, quasi a
farci un favore per non farci sentire estranei.
L'appuntamento era stato
fissato ormai da più giorni ed era diventato il
tanto atteso evento al centro delle nostre
telefonate e delle email che giornalmente
percorrevano la rete, quasi a voler tessere un filo
sottile che ci legasse tutti quanti.
Alle ore 10,30 al bar Il
Chiosco davanti alla stazione.
Anche quel bar era sempre
li ad aspettarci. Mi raccomando il Cappello. Quello
doveva essere il nostro modo per riconoscerci.
Alcuni momenti per capire chi era uno e chi l'altro...
baci... abbracci e strette di mano sono dunque il
primo atto del nostro tanto atteso incontro.
Nino,
l'unico di noi che a Bra ha le radici, aveva già
predisposto tutto il programma della giornata:
visita
all'esterno della vecchia caserma Trevisan poiché
adesso, - dice Nino - si trova ad ospitare, per una
parte la guardia di Finanza, un centro anziani e
buona parte è in perfetta decadenza non avendo più
subito restauri dalla sua dismissione, di
conseguenza non si può entrare. Alle ore 12,30
"rancio" presso un ristorante in mezzo al verde e al
pomeriggio piccola visita dove era la vecchia Piazza
d'Armi.
Chi ci ha colpito è stato il Capitano Romeo Anderi,
ora Colonnello in pensione che prima di tutto ha
detto: "non facciamo scherzi, diamoci del tu" era
sempre lui. Con il suo modo di fare e con la sua
umanità che l'aveva sempre distinto. Tutti, in cuor
nostro lo avevamo sempre pensato come amico, ma
averne avuto la certezza è stato uno dei più bei
regali di questo incontro.
Come
previsto ci accingiamo a fare quella, chiamiamola
visita, alla caserma. Se da una parte la cosa faceva
piacere perchè ripercorrevamo la nostra giovinezza,
dall'altra prendevamo atto che la stessa era
veramente e solamente un ricordo del passato come i
mattoni corrosi dal tempo della nostra vecchia
caserma.
Ci spostammo verso la zona
ora occupata dalla Guardia di Finanza. Se la vista
rinfrancava quella della zona fatiscente vista
prima, ci restammo male quando il Colonnello
suonò alla porta e tramite citofono si presentò e
chiese se era possibile fare un giro all'interno di,
quella che ora, almeno in parte era la loro caserma.
Il piantone, sempre tramite citofono, disse che non
c'era nessuno e che la cosa non era dunque possibile.
Il primo pensiero fu: "ma che ne sa lui di questa
caserma". Continuiamo il nostro giro al perimetro
della caserma e con esso
ripercorriamo
anche gli episodi che lì si erano verificati
intercalando un: "ti ricordi quando..." ad un "lì
c'era...." così, piano piano, assieme allo scandire
dei passi, stavamo ripercorrendo anche un pezzo della nostra
giovinezza, con quel misto di allegria e malinconia
che sempre ci accompagna quando si ricorda il
passato.
Così passo dopo passo ci
avvicinavamo a quella che era l'entrata principale
della nostra vecchia caserma, e da li, avremmo
potuto vedere il cortile anche se una cancellata ci
avrebbe precluso il ripercorrerlo ancora una volta.
Tra i tanti bei ricordi di
una indimenticabile giornata come questa, ci sarà
purtroppo anche quello meno bello della vista del
cortile della "nostra" vecchia caserma. Si, perchè
quello è stato il momento che nelle nostre menti, e
perchè no, nel nostro cuore, è stato il più
controverso.
Qui
c'era il corpo di guardia, lì c'erano gli ufficiali
...e lì le
celle, no non era li erano di là, lo saprò, io le
conoscevo bene diceva Mario con il suo sorriso sulle
labbra. E poi, lo sguardo corre sul cortile, si ride
di meno. Ma come, ma non ci hanno mai fatto nulla.
Lui, il vecchio cortile, stava li in silenzio forse
anche lui triste nel non sentire i passi cadenzati e
gli ordini che lo avevano accompagnato per tanti
anni. Li in silenzio senza il vociare dei tanti
ragazzi che alla domenica mattina o nei momenti di
riposo lo percorrevano come le strade
dei loro paesi e delle loro città. Niente di tutto
questo, solo la desolazione che ti impediva anche i
ricordi.
Rivedere quel cortile mi ha fatto veramente male, è
come se questa bellissima giornata, attesa quasi
fosse la cosa più importante della nostra vita,
fosse stata inquinata, come se qualcosa, rompendo i
sogni, ci volesse riportare ad una realtà, a farci
comprendere che quelle cose non esistevano più.
A suggellare questo attimo di tristezza nella nostra
bella giornata era quella bandiera, quella bandiera
a mezz'asta
sul quel
vecchio pennone quasi a voler indicare il lutto per
quel cortile, una volta vivo e fresco come lo era la
nostra gioventù.
A
rompere il ghiaccio ancora il "nostro Capitano" con
una storia allegra legata ai vecchi pioppi e ai pini
che presero il loro posto, ancora li sull'attenti.
Nino che ci vedeva "un po' così"
disse che se fossimo ritornati al pomeriggio il
centro anziani sarebbe stato aperto e avremmo potuto
entrare in cortile. Nessuno però volle approfittare
di questa occasione, forse nessuno voleva mettere
piede in quel cortile: quello non era il nostro
cortile.
Tirando un sospiro finimmo il giro del perimetro
della caserma ripercorrendo ancora una volta quelle
strade che, inquadrati percorrevamo per raggiungere
la palestra, le aule o fieri al suono del 33, ci
preparavamo al Giuramento.
Via a prendere le auto,
era giunta l'ora del "rancio". Percorremmo quella
che era la strada, ora irriconoscibile, che si
percorreva per andare al poligono di tiro dove, come
ricordava Ernesto, gli ufficiali, tra un tiro e
l'altro, ci facevano raccogliere i funghi che si
sbaffavano poi alla sera al circolo ufficiali.
Ci
accoglie il ristoratore che, per restare in tema, ci
dice che suo padre era quello che col suo camioncino
ci proponeva dei magnifici panini con le acciughe
durante l'intervallo dell'addestramento in Piazza
d'Armi. Ovviamente il primo pensiero è stato quello
di credere di aver contribuito alla nascita del
ristorante.
Il
nostro miniraduno assumeva il carattere conviviale e
tra una portata e l'altra, un bicchiere e l'altro
affioravano i ricordi. Dopo l'immancabile visione
dei vari album di fotografie che ognuno di noi aveva
portato, era giunto il momento per dare al nostro
incontro anche un carattere solenne.
Gianni, a cui dobbiamo questo incontro, ha
consegnato una targa ricordo al "nostro Capitano"
che riportava i sentimenti che tutti noi avevamo
nutrito e ancora nutrivamo per lui.
Anche Olivio allora S.Tenente, ha ricevuto una
pergamena a lui dedicata. Anche io ho voluto
consegnare a tutti una pergamena a ricordo di quello
che tutti hanno definito: "il primo incontro", perchè
certamente altri ne dovranno seguire. Franco e
Uberto che per problemi che, nel primo caso
annunciati e nel secondo sopraggiunti non hanno
potuto partecipare, hanno più volte telefonato e
dimostrato quanto erano dispiaciuti di non essere
presenti. Possiamo comunque dire che la loro assenza
era solamente fisica,
mentre
con il cuore, erano certamente tra noi, e
questo lo abbiamo avvertito.
Quel
parlare non solamente di cose di naja faceva capire
quanto questi quarantanni non hanno assolutamente
intaccato l'amicizia e il rispetto reciproco anche
se, come nel mio caso, era legato ad un periodo più
breve trascorso a Bra rispetto a quello degli altri.
Per
concludere la magnifica giornata ci siamo recati a
vedere quella che una volta era la Piazza D'armi,
ora un bel centro sportivo. Quindi Nino ha voluto
che ci recassimo a casa sua dove abbiamo potuto
continuare le nostre conversazioni e conoscere la
signora Tiziana, sua gentile consorte.
Purtroppo la giornata del nostro incontro stava
volgendo al termine, abbiamo lasciato la casa di Nino e
ancora una volta, tra baci e abbracci, ci
siamo promessi che ci saremmo rivisti e che nessuno
avrebbe dovuto mancare all'appello. Siamo saliti sulle
nostre macchine dirigendoci ognuno verso la propria
casa, ognuno con un poco di malinconia ma felice.
Ripensando a questa bella giornata ho riflettuto
sul fatto che l'abolizione della leva ha anche
tolto a molte persone la possibilità di vivere
giornate come questa.
Arrivederci al prossimo incontro.
Bruno
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