In
Italia il servizio militare (detto anche coscrizione obbligatoria
o più comunemente leva obbligatoria, volgarmente naja) è arrivato la
prima volta ai tempi di Napoleone ed è poi proseguito sino all'inizio del Regno d'Italia (1861-1946) e nella Repubblica
italiana dal 1946 al 2005 per 144 anni.
La
leva obbligatoria fu una delle prime misure adottate dal neonato
Regno d'Italia e ha contribuito grandemente, insieme con la scuola
elementare, alla formazione di un'identità unitaria italiana.
Fu
infatti attraverso il servizio militare che milioni di italiani
scoprirono di essere tali, impararono accanto al loro dialetto una
seconda lingua (l'italiano), uscirono dall'orizzonte circoscritto di
una valle di montagna o dei pochi chilometri quadrati del "paese",
si staccarono dall'immutabile rigidità della famiglia patriarcale
con i suoi riti e le sue obbedienze e si confrontarono con la
politica.
Mentre tradizionalmente in ambiente militare si pensa che siano
state le guerre a costruire gli italiani in molti dei loro difetti e
delle loro qualità, credo invece siano più semplicemente, e meno
retoricamente, i mesi passati in caserma, nell’ addestramento
formale, nei primi rapporti con i caporali istruttori e
susseguentemente con i sergenti e gli ufficiali, nelle libere uscite
e nelle punizioni, a costruire buona parte del carattere nazionale
italiano. Improvvisamente con l'abolizione del servizio militare
obbligatorio, ma che resta nella memoria di milioni di italiani, è
venuto a mancare questo veicolo di formazione delle coscienze che
tanto aveva fatto in passato.
Dal
punto di vista sociale il periodo della coscrizione segnava una
tappa importante nella vita della popolazione maschile. Lo stacco
netto tra adolescenza e maturità iniziava immancabilmente con il
recapito dell’avviso di presentazione alla visita di leva. Questo
primo atto era vissuto da chi riceveva tale avviso in modo
contrastato sia di soddisfazione (perché era giunto il momento
di entrare nella società adulta) sia di sbandamento dovuto al fatto di abbandonare
l’età della spensieratezza e sapere che ciò era anche il preludio
per moltissimi di noi del primo allontanamento da casa. La presa di
coscienza del fatto che avremmo veramente dovuto arrangiarci da soli a molti
chilometri di distanza dai nostri cari in qualche modo, anche se
non lo si dava a vedere, era un pensiero che ci turbava. La
coscrizione obbligatoria era dunque un momento importante nella vita
di un ragazzo, quasi una funzione laica che ti accompagnava
all’iniziazione del tuo nuovo stato di adulto. La visita medica ai
Distretti militari era anche ritenuta una prova di virilità in
quanto legata al famoso detto, almeno per noi settentrionali, che
recita:
« Chi
non è buono per il Re non lo è neanche per la regina ». Spesso chi
non risultava abile veniva preso in giro e schernito dai propri
coetanei o dai più grandi. Forse il “nonnismo” iniziava fuori dalle
caserme. Il buon esito della visita ti faceva ancora una volta
vivere un momento di forte dubbio: da un lato essere fisicamente
sano, perciò virilmente a posto
ti portava ad una
maschia soddisfazione, dall’altro proprio questa tua
virile robustezza escludeva la possibilità di evitare il servizio
militare. Infatti bisogna tenere conto che l’Italia era praticamente
una nazione dall’economia e la cultura prettamente contadina e il
servizio militare: «rubava braccia all’agricoltura». Anche per
questo motivo molti coscritti cercavano di convincere gli ufficiali
medici di loro presunti problemi per evitare l’abilitazione.
L’Italia aveva prettamente una cultura proletaria nel vero senso
della parola. Le donne del mondo contadino erano perennemente incinte e “sfornavano” figli con tempi pressoché ininterrotti per
tutto l’arco del periodo di fertilità. Molta prole voleva dire molte
braccia per lavorare i campi. Proprio in questa ottica si auspicava,
e ogni qual volta succedeva, si festeggiava allegramente la nascita
di figli maschi ritenuti più validi per poter adempiere al duro
lavoro dei campi, che allora non era basato sull’uso di macchine
agricole, ma solamente sulla forza e resistenza fisica dei
contadini..
Proprio per questo alto numero di figli maschi, cercati
ininterrottamente dalle famiglie, le classi di coscrizione avevano
molte volte esuberi rispetto alle necessita di arruolamento. In
questo contesto non mancavano le curiosità proprio sulla decisione
della durata o dell’esclusione dal servizio stesso. Nel periodo da fine
'800 e ai primi del '900 era in uso l’estrazione di un numero che era
l’ultimo atto della visita stessa per coloro che erano stati
giudicati abili al servizio di leva. Tale pratica consisteva
nell’estrarre da un’urna, alla presenza delle autorità civili, tanti
numeri quanti erano i coscritti: a chi estraeva un numero basso
spettava la ferma lunga, gli altri la ferma ridotta, mentre chi
pescava il numero più alto otteneva il congedo. In questo modo
veniva introdotto nel rito della coscrizione anche la cabala al
quale il mondo contadino superstizioso di un tempo era ben
predisposto. Gli stessi coscritti si recavano all’urna per
l’estrazione compiendo gesti, recitando preghiere o formule
propiziatorie che potessero in qualche modo intervenire a loro
favore durante l’estrazione.
Rimanendo più vicini alle nostre memorie
nel dopoguerra inizia la
ricostruzione dell’Esercito Italiano e per noi Alpini il passaggio
dalle vecchie Divisioni alle Brigate Alpine. Le Cinque Brigate, come
noi le abbiamo conosciute durante il nostro periodo di servizio di
leva, completarono la loro costituzione, iniziata nel 1949, nel
1953. Negli anni seguenti ebbero molti aggiustamenti che
prevedevano cambi di reparti o istituzione di nuove specialità, come
ad esempio gli Alpini d’Arresto nel 1962.
La
leva non aveva più bisogno di “trovate” quale l’estrazione in
quanto, non essendoci più necessita belliche, assumeva un periodo di
arruolamento con periodo prefissato in 18 mesi. Negli anni ’60,
nonostante l’epoca storica fosse ben diversa ed il boom economico
iniziava a far sentire il suo peso, non erano poi così tante le
differenze tra i coscritti degli anni del periodo bellico e
pre-bellico.
Io stesso ebbi modo di constatare che erano molti,
specialmente coloro che non provenivano da centri urbani di una
certa dimensione, ad allontanarsi da casa per la prima volta, a
prendere un treno per la prima volta o ad essere costretti a non
usare il loro dialetto per farsi capire, a volte con scarsi
risultati. Anche il numero di chi non sapeva leggere e scrivere
aveva numeri a due cifre: cosa che non mi sarei mai aspettato.
La
classe di leva era anche una identificazione di gruppo, per questo
all’interno dei villaggi e delle borgate i coscritti rappresentavano
un gruppo unito e specifico. Primo passo verso un vivere comune.
Nell’arco del tempo la durata della coscrizione è andata
progressivamente diminuendo: si passo dai 18 mesi ai 10 mesi
dell'ultima riduzione che si è avuta nel 1997, ma restando
obbligatoria per tutti gli uomini di sana e robusta costituzione.
La
sospensione della leva militare obbligatoria, non l'abolizione (visto
che sarebbe stata necessaria una legge costituzionale di modifica
del discusso articolo 52 che definisce "sacro dovere" la difesa
della Patria e il servizio di leva obbligatorio nei termini di
legge), venne disposta con il Decreto legislativo 8 maggio 2001 n.
215 che introdusse pure nuove norme sul rinvio degli ultimi
coscritti. Tale decreto emanato in ottemperanza alla legge 14
novembre 2000 n. 331, che conferiva al Governo la delega ad emanare
disposizioni concernenti la graduale sostituzione entro sette anni
dei militari in servizio obbligatorio di leva con volontari di
truppa, venne introdotta anche la possibilità di arruolamento delle
donne e fissato l'organico dell'esercito italiano in numero di
190.000 unità.
La
leva, sebbene mai formalmente abolita, è di fatto terminata dal 1º
gennaio 2005 come stabilito dalla legge Martino (legge 23
agosto 2004, n. 226).
Tale
legge, modificando il Decreto Legislativo 215/2001, fissava la
sospensione delle chiamate per lo svolgimento del servizio di leva a
decorrere dal 1º gennaio 2005. Infine, il decreto legge del 30
giugno 2005 n.115 ha stabilito che a decorrere dal 1º luglio 2005 il
personale di leva potesse, con apposita domanda, cessare
anticipatamente il servizio di leva.
La
materia infine ha trovato una organica disciplina nel Decreto
Legislativo 15 marzo 2010 n. 66 (Codice dell'ordinamento militare)
che limita la coscrizione obbligatoria (leva), o meglio il suo
ripristino, alle sottocitate condizioni riportate in tale norma
all'art. 1929:
- in
caso di carenza di soldati;
- se
sia deliberato lo stato di guerra ai sensi dell'art. 78 della
Costituzione;
- in
caso di gravissime crisi internazionali in cui l'Italia sia
direttamente coinvolta sul proprio territorio.
Dopo
queste fredde cifre e citazioni ritorniamo in una sfera più sociale
e che ci tocca profondamente.
Non è
una sorpresa che gli Alpini, rappresentati dalla propria
associazione d’arma - l’A.N.A. -, non siano stati mai in accordo con tale soluzione.
Non
si può dimenticare che la leva ha favorito la conoscenza,
soprattutto per i giovani di aree disagiate e/o lontane, e
che ha avuto un peso fondamentale anche nell’integrazione
linguistica permettendo ai giovani di conoscere realtà diverse da
quelle quotidiane con possibilità di stringere forti legami di
amicizia. Altro merito della leva è stato quello nell’aiutare i
giovani a darsi una disciplina e uno spirito di cooperazione di
gruppo.
Ci si
sentiva più uomini, più responsabili e attenti nei confronti degli
altri, formati da una disciplina a volte non compresa ma che
obbligava a stare assieme e fare squadra, rinunciando ad essere
personalistici per concentrarci sul comune obiettivo da raggiungere.
Nessuno era migliore di un altro, ma era l’insieme che doveva per
definizione essere il migliore. Tutto ciò avveniva in base al fatto
che la forza del gruppo era data dal singolo e che lo stesso gruppo
forgiava il singolo. Bastava un obbiettivo raggiunto, un manovra ben
riuscita per vedere esultare anche l’ultimo dei conducenti, incapace
perfino di contare i giorni di licenza, ma consapevole di fare parte
di un gruppo unito. Se qualche volta qualcuno “tirava l’ala” e non
ce la faceva più, non mancava chi sollevava il suo zaino
caricandoselo sulle spalle per alleviargli la fatica momentanea.
Al
momento del congedo tutto ciò non veniva dimenticato ma semmai
coltivato ed esaltato all’interno dell’A.N.A. rivolgendo ancora una
volta la nostra mano verso coloro che ne avevano bisogno siano essi
vittime di catastrofi o semplicemente bisognosi di affetto, di cure
o semplicemente d’amore.
Questo non vuol dire che non riconosciamo l’aumentata
professionalità e capacità di intervento delle attuali Truppe
Alpine, ma crediamo che il Generale Manfredi ex Comandante delle
Truppe Alpine, non certo uno sprovveduto, avesse ragione quando
teorizzava che la convivenza di militari di carriera e di leva
avrebbe potuto esistere anche se con compiti diversi.
Nonostante si dica che ormai scarseggiava il materiale umano, sia
oggettivamente per le minori nascite sia emotivamente pensando che
nessuno avesse piacere di perdere un anno della propria vita,
l’esperienza della così detta “Mini Naja” ha dato inizio
dal
settembre 2009 alla sperimentazione di un breve
periodo dove 145 giovani (100 ragazzi e 45 ragazze), appositamente
selezionati dall'ANA, potevano partecipare ad una breve esperienza
di vita militare (15 giorni/1 mese). Ha dimostrato con il suo
successo che non è poi tanto vero che ci sia una così forte
avversione per una eventuale leva. Tale sperimentazione è iniziata
nel Corpo degli Alpini, facendo trascorrere il periodo di
addestramento nelle caserme del 6º Reggimento Alpini.
E' stato proprio il gradimento di tale esperienza che ha spinto ad
aprire tale sperimentazione ad altre Armi negli ultimi anni.
Quello di cui ci dispiace sinceramente è che a tutti coloro
nati
dopo il 31.12.1985 non è più stato dato modo di vivere e mettere in
pratica questa importante ed indimenticabile esperienza umana che la
leva obbligatoria ci ha dato modo di conoscere.
La
Marcia dei Coscritti Piemontesi