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Quel giorno...

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QUEL GIORNO...

 

 

era il 7 settembre 1993. 

A Belluno, presso la Caserma D'Angelo, furono messi all'asta gli ultimi 24 muli di proprietà dell'esercito che avevano svolto il loro servizio alla Brigata Cadore. Al grido di "Vergognatevi!" 300 vecchi alpini ingaggiarono una dura battaglia per strapparli ai macellai presenti che volevano farne  salumi, aggiudicandosene 21.

Gli umori e la cronaca di quei giorni sono state documentate, a nostro avviso, ottimamente in due articoli pubblicati su "La Repubblica" nei giorni 29 agosto e 8 settembre 1993 a firma di Roberto Bianchin e che qui vogliamo riportare.

 

 

La Repubblica 29/08/1993

ALL' ASTA I MULI DEGLI ALPINI ' A NOI NON SERVONO PIÙ

 

BELLUNO - E' nervoso il vecchio Aldeas. Tira calci all' aria, butta il muso di qua e di là, raglia che sembra un pianto. Come se capisse. Come se anche i muli, i ventiquattro muli della sezione salmerie della caserma "D' Angelo", gli ultimi superstiti di tutto il corpo d' armata alpino, capissero che una pagina di storia si sta per chiudere. Tra dieci giorni i muli se ne andranno. Per sempre. L' esercito italiano, che aveva migliaia di muli, non ne avrà più neanche uno. E gli alpini perderanno quegli animali che li hanno accompagnati per tanti anni della loro storia. Compagni di guerra, alleati preziosi e insostituibili, testardi e fedeli, i muli hanno portato i viveri e le tende, i cannoni e i feriti, senza curarsi della fatica, del caldo, del freddo, della neve, dei sentieri scoscesi, delle rocce che spaccavano gli zoccoli. Hanno riportato a casa i compagni morti in battaglia. Sono stati amici discreti e silenziosi. Hanno ascoltato i dolori e le gioie. Sono serviti per scaldarsi nelle notti di tempesta, sono serviti anche da morti. Perché i soldati, che non avevano altro, non morissero di fame. Il sette di settembre, gli ultimi ventiquattro muli rimasti in servizio presso la brigata alpina "Cadore" verranno venduti all' asta. Non servono più, dicono i militari. Mantenerli costa troppo e impegna troppe persone. Verranno sostituiti da carrelli meccanici e mezzi cingolati. In compenso, avranno un monumento e gli onori militari. "I tempi sono cambiati - commenta con un sospiro il generale Franco Chiesa, comandante della brigata "Cadore" - era un passo che dovevamo fare. Personalmente mi stringe un po' il cuore, ma ormai era inutile tenerli così". I militari, specie i vecchi alpini, non sanno trattenere la commozione. Ma da buoni soldati si adeguano, si devono adeguare, ai mutamenti della vita. Lo scrittore no. Lo scrittore di guerre e di montagne, che ha vissuto con i muli, che ha raccontato dei muli, non ci sta. "Disfarsi dei muli è un errore tecnico, oltre che sentimentale" s' indigna e tuona nel telefono, dalla sua casa di Asiago, il vocione di Mario Rigoni Stern. "E' un errore tecnico perché, dove vanno i muli, i mezzi meccanici ancor oggi non arrivano - spiega lo scrittore - basta pensare a certi sentieri impervi dove non riescono ad arrampicarsi neanche i muletti meccanici, e dove, nelle giornate di nebbia non servono nemmeno gli elicotteri". "Per non parlare - continua - del lato sentimentale. I muli sono stati per tanti anni i nostri compagni di sventura, sui monti, nei giorni della guerra. Ci hanno aiutato, ci hanno salvato la vita. Li abbiamo mangiati per sopravvivere. Questa decisione di disfarsene mi addolora. Dovrebbero tenerli, se non come memoria, almeno come immagine. Non credo proprio che sia il mantenimento di 24 muli a mandare in malora il bilancio del ministero della Difesa". Gli ufficiali della brigata "Cadore", in realtà, qualcosa avevano tentato per salvare i muli. Avevano pensato ad una sorta di museo storico, con divise e armamenti d' epoca, e con i muli a rappresentare la memoria del passato. Avevano anche fatto un progetto, ma è stato accantonato. Troppo costoso. Ed è troppo costoso, dicono, continuare a tenerli nelle scuderie di Via Col di Lana. "Un impegno troppo gravoso sotto ogni punto di vista - spiega il generale Chiesa - anzitutto perché i muli hanno bisogno di qualcuno che si prenda cura di loro. Per tenerli in ordine e portarli fuori, serve una persona e mezza per ogni mulo. Una volta c' erano i ' serventi' , adesso i giovani sono sempre meno, e pochi hanno dimestichezza con gli animali. Inoltre oggi ci sono dei mezzi meccanici, come i carrelli, che richiedono meno cure e meno costi di manutenzione. Fanno la stessa funzione dei muli, anche se non potranno sostituirli né li sostituiranno mai". Era artigliere degli alpini il generale. "C' è un po' di nostalgia - ammette - ne ho avuti tanti di muli, li ho curati per anni, li ho seguiti come comandante. Hanno fatto parte della mia vita militare, ed ora mi dispiace vederli andar via". "Il mulo ha dato tanto alla storia - aggiunge il colonnello Guido Palmieri - e ha dato tanto anche a noi militari. Il binomio alpino-mulo è sempre stato simbolo di fatica, di sudore, di un rapporto uomo-animale che non va dimenticato. Quante volte l' alpino ha rischiato la sua incolumità per aiutare il mulo in difficoltà, e quante altre il mulo si è fatto carico dell' alpino spossato dalle fatiche della lunga marcia?". I ventiquattro muli andranno all' asta il 7 settembre nella stessa caserma D' Angelo, dove aveva sede il gruppo di artiglieria da montagna. E il 19 settembre avranno la loro consacrazione ufficiale: un monumento al mulo, in bronzo, a cui verranno resi gli onori militari, verrà collocato nei giardini della stazione. All' asta potrà concorrere chiunque, con offerte libere in busta chiusa. I militari fisseranno comunque un minimo per ciascun mulo, che tenga conto dell' età e delle condizioni degli animali. Ogni mulo ha un nome che inizia con una lettera dell' alfabeto che corrisponde all' anno in cui è entrato in caserma. "Sono tutte belle bestie, abbastanza giovani, tra i 12 e i 14 anni, in grado di fare ancora un buon lavoro" dice il generale. Già, un buon lavoro. Gli alpini non vogliono che i loro muli finiscano, trasformati in bistecche, sui tavoli di qualche ristorante. Non sono rare infatti da queste parti le osterie che presentano il "musso" nei loro menu. Per questo hanno deciso di venderli solo a chi garantirà loro una dignitosa sopravvivenza. Montanari e contadini che prometteranno di usarli, nei paesi e nelle valli, per portare il fieno, il grano, la legna. "Nelle montagne qui intorno c' è ancora gente che si serve dei muli" assicura il generale. Del resto a Fagagna, un paesino vicino a Udine, si continua a correre, dall' 800, la "Corsa dei mussi", per celebrare il più antico e più povero dei mezzi di trasporto, e in alcuni circhi, racconta lo studioso di tradizioni popolari Giancarlo Pretini, se sono scomparsi i numeri dei muli sapienti e dei muli parlanti, si può ancora vedere quello della "mula" che scalcia chi tenta di cavalcarla e poi lo insegue a testa bassa, come faceva con Charlot, nel film "Il Circo", quando l' omino scappava con in mano una pila di piatti, alta e traballante.

 

ROBERTO BIANCHIN

 

 

Repubblica 08 settembre 1993

LACRIME E SOLDI A RUBA I MULI DEGLI ALPINI

 

BELLUNO - Lara ha tredici anni. Alta, magra, il passo elegante. Sul mantello di un marrone scuro scuro, alcuni ciuffi di peli bianchi. "Ostrega, l' è ' n bel mul quest" grida Toni, un vecchio alpino coi baffi ispidi come una spazzola. Dall' altra parte delle transenne, un omino piccolo piccolo, un cappellino verde in testa, alza un bastone di legno chiaro e rilancia. Lara, messa in vendita a 600mila lire, vale già un milione di più. "I macellai, sono i macellai" lanciano l' allarme gli amici di Toni. "Vergognatevi" grida un gruppo di alpini di Ponte nelle Alpi. Ma Alexander Schwarz, l' omino col cappello, che fa il commerciante di bestiame a Chiusa, vicino a Bolzano, non fa una grinza. E alza di nuovo il bastone. Lui i muli li compra per farne salami. E lo dice. Quanto basta per far arrabbiare i veci alpini che i muli, invece, li vogliono salvare. Costi quel che costi. Sono almeno trecento e ribattono le offerte dei macellai a colpi di diecimila e di bestemmie tonanti. Alzano il prezzo e gridano : "Per gli alpini!". "Per la foresta del Cansiglio!". Finisce che gli amici dei muli stravincono : 21 a 3. Li hanno venduti tutti, ieri mattina all' asta, nel cortile della caserma "D' Angelo", gli ultimi 24 muli superstiti del corpo d' armata alpino. Pensionati perché non servono più, perché mantenerli costa troppo, perché possono essere sostituiti da carrelli meccanici e mezzi cingolati. Ventuno sono salvi: non diventeranno salami, né wurstel, né mortadella. Li hanno comperati vecchi alpini, titolari di aziende boschive e di parchi naturali. Per un pelo. Ieri mattina tra gli alti vertici militari c' era stato un ripensamento, e si era fatta strada la proposta di far sospendere l' asta. Ma ormai era troppo tardi. Solo tre muli, alla fine, sono finiti nelle mani del commerciante di bestiame : Fina e Grata, due femmine di 15 e 16 anni (la prima è costata meno di tutti, 92Omila lire) e Laio, un maschio di 13. Sono quelli che rischiano il macello. Ma gli amici dei muli hanno già contattato il commerciante con offerte generose, e Schwarz non ha detto di no. Forse salveranno anche questi. "Togliere il mulo ad un alpino è come strappargli la penna dal cappello", piange in un angolo della caserma la mamma di un giovane alpino. Anche i colonnelli e i generali hanno gli occhi lucidi. I muli se ne vanno. Salgono a testa bassa su camioncini colorati. Due di loro ragliano, scalciano e scappano per il cortile. Come se non volessero andar via. Il maggiore Francesco Simone, che batte l' asta con cipiglio fiero ma col cuore spezzato incassa 33 milioni e 250mila lire. Quasi un milione e mezzo a mulo. Il triplo del prezzo fissato come base d' asta. "Troppi soldi per un mulo, è un capriccio. Non vale la pena, a questi costi, prenderli per macellarli. Con gli stessi soldi compro un cavallo" scuote la testa un altro commerciante altoatesino, Cesare Beccari di Merano, un omone grande e grosso, husky blu e frustino in mano. Beccari si compra Gana, una femmina di 15 anni, per un milione e centonovantamila lire, che paga in biglietti da centomila, che tiene arrotolati dentro una busta tutta spiegazzata. Poi gli alpini lo contestano, lui si pente e rivende il suo mulo ad un operaio dei telefoni di Mareno di Piave, Antonio Dall' Anese, che se n' era già comperato un altro, per tenerselo a casa e portarlo con sé, tutti gli anni che Dio manda in terra, a sfilare all' adunata degli alpini. Ma la parte del leone la fanno due fratelli di Cappella Maggiore, nel bellunese, che hanno un' azienda boschiva nella foresta del Cansiglio, Antonio ed Elio De Luca. Spendono 11 milioni e mezzo e si comprano ben 7 muli. Tra questi, il più caro del gruppo, aggiudicato per un milione e 970mila lire : un "baio scurissimo" di 14 anni piccolo e forte, con una macchia bianca sul dorso, che si chiama "Iroso" e che a dispetto del nome sembra tranquillissimo. "Vogliamo salvarli e farli vivere - dicono i due fratelli - porteranno la legna nel bosco". Cinque muli li compra Angelo Benedetti, titolare del parco faunistico "Le Cornelle" a Valbrembo, vicino a Bergamo, dove vivono già mille animali, mentre due, "Fonso" e "Iletto", finiscono in Spagna, a Cap de Creus in Costa Brava, dove un imprenditore italiano, Rinaldo Muscolino, sta allestendo un parco naturale. El senor Rinaldo aveva fatto un' offerta per acquistarli tutti. "L' importante è che non diventino rotundas mortadelas" grida dalla Spagna nel telefonino. La lotta più accesa si è scatenata per le femmine. A vederle, sembrano tutte uguali. Ma non è così. "E' come per le belle ragazze - si lecca i baffi un vecchio alpino con gli scarponi da montagna e il naso rubizzo - la differenza si vede subito. Basta guardarle negli occhi".

 

ROBERTO BIANCHIN

 

 

Con quest'atto si chiuse una pagina di storia di un lungo libro che gli alpini hanno iniziato a scrivere nel 1872. Da quel giorno tra gli Alpini non vi furono più ne Muli, ne "Sconci"

 

 

Ma al pari delle fiabe c'è un lieto fine anche per questa storia. Ricordate i due fratelli De Luca citati nell'articolo? con il loro gesto e con l'aiuto dell'allora Presidente della Sezione A.N.A. di Vittorio Veneto, dopo aver ideato attività e partecipato a Raduni Nazionali, nel 2000 istituirono il "Reparto Salmerie della Sezione di Vittorio Veneto". Se oggi possiamo ancora vedere questi animali sfilare fieri accanto ai loro "Sconci" lo dobbiamo al loro sincero amore per questi meravigliosi amici a quattro zampe.

 

 

 

 

 

Vi rimandiamo al sito delle Reparto Salmerie, del quale anticipiamo alcune foto, per conoscere meglio questa bellissima iniziativa.

http://repartosalmerievv.weebly.com

 

 

       

       

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

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Ultimo aggiornamento 08 gennaio 2015