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Storia degli Alpini

 

La Guerra Bianca

 

Personaggi

 

 

 

 

 

 

 

Con l'entrata in guerra dell'Italia nel primo conflitto mondiale del 1914-1918, il 24 maggio 1915, il Corpo degli Alpini aveva conosciuto una importante evoluzione sia nell'efficienza militare sia nella consistenza numerica della sua forza, complessivamente contava  una novantina circa di Battaglioni, ovvero forse più di 270 Compagnie, e circa una settantina di Gruppi di Artiglieria da Montagna,  più di 170 Batterie.

Più di 40 battaglioni erano schierati sui confini delle Alpi e i restanti nelle valli. Furono mobilitati ben 240 mila "figli dei monti", come usava chiamarli il tenente degli Alpini Cesare Battisti.

Furono gli Alpini  i veri protagonisti di una guerra, che venne combattuta quasi esclusivamente sulle Alpi, dai ghiacciai dell'Adamello alle pendici dolomitiche, dal Carso al Monte Grappa, dagli Altipiani al Piave.

Quasi tutti i passi alpini più importanti, infatti, erano da essi presidiati, occupati, sorvegliati. In particolare, dal Passo dello Stelvio alle Alpi Giulie, attraverso il Passo del Tonale e il Monte Pasubio, gli Alpini dimostrarono il loro valore, il loro amor patrio, la loro compattezza, la loro abnegazione, il loro spirito di sacrificio.

Essi si dimostrarono valorosi combattenti, per esempio, nella conquista del Monte Nero avvenuta nel1915; nel battersi strenuamente sull 'Adamello oltre i 3000 metri di quota nel 1917; nell 'impegnarsi con insolito coraggio sulle Tofane tra il1915 e il1916; sulla Marmolada nel cuore delle Dolomiti, dove gli Alpini mandati in avanscoperta erano stati reclutati tra i ruvidi montanari impavidi e pratici dei luoghi delle valli del Piave, del Cordévole, dell'Agordino; e sul Monte Fior Castelgomberto nel 1916 quando gli austriaci imposero il loro attacco sul fronte. Scontri tremendi tra gli Alpini e gli austriaci avvennero sul Monte Cauriol, dove i bombardamenti provocarono la riduzione di almeno 6 metri della vetta dell'altipiano.

La guerra in alta montagna nasce e si sviluppa proprio con lo scoppio della prima guerra mondiale, quasi esclusivamente sul fronte italiano. Non a caso, molti storici internazionali faticano ancor oggi a comprendere la profondità dell’argomento e le sue mille implicazioni umane, prima ancora che belliche e politiche. Del resto, il Fronte Occidentale che si snodava dalla Svizzera ai Paesi Bassi, fu teatro di tali e tanti massacri, da oscurare in qualche modo il settore Italo-Austriaco, peraltro già poco considerato dalle stesse forze dell’Intesa durante tutto il Conflitto.

Fu una guerra, quella del '15-'18, come si usa dire, di trincea, che costò al Corpo degli Alpini chiamato al fronte, circa 25mila morti tra ufficiali, sottufficiali e uomini di truppa, più di 76mila feriti e più di 18mila dispersi.

A conferma del fatto di essere stati i personaggi principali, ovvero i soldati più esposti al fuoco nemico in questa guerra trovò conferma nel primo milite caduto, che fu, appunto, un Alpino, appartenente alla 16a Compagnia del Battaglione Cividale nell'8° Reggimento. Il suo nome: Riccardo Di Giusto. La notte del 24 Maggio, egli, nel varcare il confine sul Monte Natpriciar, fu colpito a morte da un cecchino austriaco. Il primo a cadere tra gli alti ufficiali alpini, invece, fu il Comandante Maggior Generale Antonio Cantore. Questo militare, considerato l'Alpino per antonomasia, soprannominato il «padre degli Alpini», data la sua grande passione per la montagna e la fama raggiunta nel Corpo, ottenne il comando della Terza Brigata Alpina, allo scoppio della prima guerra mondiale.

Durante la Prima Guerra Mondiale gli Alpini adottarono con proprio motto, la frase: «Di qui non si passa!». Questa esclamazione fu usata a Roma nel 1888, durante una cena con ufficiali alpini, dal Generale Luigi Pelloux, il quale così si espresse: «Il motto dei miei Apini per me si riduce in queste poche parole: "Di qui non si passa!' Questa battuta, emersa durante un'occasione conviviale, divenuta motto tradizionale del Corpo, gli Alpini la usarono come sprone ed esortazione per combattere con accanimento sia su per i monti, sia lungo le rive del Piave.

Si trattò di 41 mesi ininterrotti di guerra, di lotta contro con la furia degli elementi, contro una natura impervia e impraticabile che, attraverso il ghiaccio, il gelo, la nebbia, il rischio dell'assideramento i precipizi, i crepacci, le slavine e le valanghe procurava la cosiddetta "morte bianca". La lotta si rivelò ancora più dura di quella con il nemico diretto, le agguerrite truppe da montagna austriache e tedesche, soldati questi ultimi di non poco conto, rispettivamente Kaiserjager e Alpenkorps, in quella che venne definita la "guerra in alta quota" o "Guerra bianca", affrontata in modo asperrimo e sanguinosissimo. Questa stessa definizione ripropone un'interpretazione della grande guerra assolutamente veritiera, comprovata e degna di fede, secondo cui i combattimenti avvennero sì tra due eserciti nemici, ma in un contesto ambientale, che si rivelò il vero e autentico antagonista contro cui opporsi, il più temibile avversario contro cui lottare e difendersi: la montagna. Luogo dove gli Alpini si dimostrarono a tutti gli effetti prodi soldati, il cui coraggio e valore umano e militare impareggiabili suggellarono pagine di storia memorabili. La montagna, teatro della prima guerra mondiale, è stato l'antagonista per eccellenza degli Alpini, i quali si sono confrontati in una sfida con le vette e la neve e il gelo, dimostrando un'audacia senza limiti, una grandissima forza d'animo e una tempra fisica non comuni.

Episodi di grande eroismo individuale e collettivo, infatti, caratterizzarono il comportamento bellico degli Alpini sulle alture e lungo le scarpate, contro un nemico in carne e ossa che indossava un'altra divisa, e ancor più contro un nemico fatto di roccia inaccessibile e di tempeste di neve, di vento e di valanghe, di intemperie sommamente avverse e rigidissime temperature climatiche.

Per esaltarne il valore, Cesare Battisti usò queste parole a elogio degli Alpini:

«Buoni e semplici come eroi e fanciulli, audaci e prudenti come soldati di razza, robusti, resistenti come il granito dei loro monti, calmi, sereni come pensatori o filosofi, col cuore pieno di passione malgrado La fredda scorza esteriore, al pari di vulcani coperti di ghiaccio e di neve. Tali apparvero, sull'Alpe nostra, gli Alpini d'Italia, all'irrompere della santa guerra di redenzione e di libertà».

 

   
     

 

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Ultimo aggiornamento 02 febbraio 2015