Io
non ho mai avuto dubbi, quando dico Alpini non faccio
distinzioni e comprendo tutti coloro che hanno la penna sul
cappello siano essi Fanteria alpina, Artiglieria alpina o Genio
alpino. Capisco però che tante volte, pur essendo sotto la
stessa penna, coloro che hanno fatto parte di truppe alpine ben
definite vorrebbero che si parlasse anche delle loro
peculiarità. Proprio in questa ottica è stata costruita questa
pagina dedicata all'Artiglieria da Montagna.
Per
capire di chi stiamo parlando citerò gli stralci di articoli del
1893 a firma del giornalista Quinto Cenni il quale scriveva
mettendo in risalto la tenacia e la prestanza fisica degli
artiglieri alpini:
"I cui soldati sono , si può dire, il fior fiore di tutto il
contingente perché la manovra di carico e scarico del materiale
esige uomini di alta statura e di complessione robusta per
resistere alle gravi fatiche della montagna"
E
ancora:
"Ogni
marcia è un'impresa, ogni salita una conquista e chiunque abbia
addosso una scintilla di fuoco sacro dell'alpinismo potrà
facilmente immaginare di qual sacra pezza di poesia sia ricca la
vita alpestre dei cannonieri da montagna e dei loro ufficiali.
Con dei soldati adatti a far simili manovre, si fanno delle
marce che sarebbero inverosimili per altri corpi"
Per
finire questa breve presentazione e lasciarvi ad una
elaborazione dei pannelli della Mostra sull'Artiglieria da Montagna presentata a Bolzano dalla locale Associazione
Nazionale Artiglieri da Montagna (Pres. Roberto Tessaro, V.
Pres. Mauro Minniti), vorrei concludere con un altro
brano dell'articolo che mette bene in risalto l'abilità e la
competenza degli Artiglieri da Montagna sin dai primi anni
della loro costituzione:
"Le batterie di montagna si rassegnano ben di rado a
classificare il terreno come impraticabile. Quando i muli non
possono più andare avanti, il materiale viene scaricato e
trasportato, spinto, issato dai cannonieri, e quando anche le
ruote del cannoncino diventano un impiccio, il pezzo viene
smontato, e affusto, cannone, ruote vengono ciascuno pigliati in
spalla da un soldato, come il mugnaio si piglia un sacco di
farina"
Legata alla Fanteria Alpina, della quale inizialmente appare un
supporto specialistico, l’Artiglieria da Montagna vede la luce
nel 1877, ovvero 16 anni dopo l’unità d’Italia.
È in questo anno, infatti, che vengono create le prime cinque
batterie e viene formata la Brigata Artiglieria da Montagna.
La caratteristica di questo nuovo corpo è quello di spostarsi
con le proprie bocche di fuoco secondo le
necessità, diversamente da quanto avveniva in precedenza quando
l’artiglieria era legata ad un concetto di
immobilità, ovvero operava da una postazione fissa a difesa di
un luogo.
Artiglieria da Montagna e fanteria alpina diventavano così un
connubio inscindibile, in tempo di pace, anche attraverso le
esercitazioni, come durante i conflitti, per la difesa o il
controllo del territorio italiano. Non potevano esserci i
secondi senza i primi chiamati ad operare su territori impervi
ed ad aprire i varchi, laddove necessari in guerra, per colpire
le linee nemiche permettendo alla Fanteria alpina di penetrare
nel territorio avverso.
Italia si inizia a parlare per la prima volta di “trasformismo”
politico e gli elettori aventi diritto, per effetto della nuova
normativa, passano da 600 mila a 2 milioni. In questo anno, a
seguito di nuovi eventi organizzativi del nostro Esercito che
avvertiva la necessità di strutturarsi anche in maniera
offensiva e non unicamente difensiva, viene creata una seconda
Brigata.
Solo cinque anni dopo, però, ovvero nel 1887, viene costituito a
Torino il “1° Reggimento Artiglieria da Montagna”, che verrà
arricchito di ulteriori tre brigate per un totale complessivo di
cinque. Ormai l’Artiglieria da Montagna é una realtà ben
definita nel cuore e nella mente del nostro Esercito tanto da
impegnare questo Corpo nella battaglia di Adua del 1896, dove il
sacrificio dei soldati ed il loro valore valse all’Artiglieria
le prime quattro medaglie d’oro.
Con il passare degli anni l’Artiglieria assume un volto sempre
più definito; le cinque Brigate legano il proprio nome a cittá
italiane come Torino, sede del 1° Reggimento, Mondovì, Susa o
Aosta e nel 1909, quando ancora la Grande Guerra non ha bussato
alle porte della nostra Patria, la città lombarda Bergamo
diventa
sede del 2° Reggimento di Artiglieria presente sul territorio
nazionale.
I
Reggimenti diventano tre proprio con lo scoppio della prima
Guerra Mondiale. Nel 1915, in pratica, troviamo una Artiglieria
da Montagna costituita da 13 gruppi dai quali discendono 39
batterie. Il tredicesimo Gruppo viene inserito nel 22esimo
Reggimento artiglieria da Campagna “Messina”.
La II Guerra Mondiale rivoluziona l’organizzazione sul
territorio dei Reparti di Artiglieria e l’Armistizio del 1943
crea disorientamenti, cogliendo impreparata la stessa struttura
dell’Esercito italiano. Così avviene che appartenenti al 1°
Reggimento si uniscano alle brigate partigiane legate alla
Divisione “Garibaldi” e nascano due nuove formazioni
reggimentali presso la Repubblica Sociale Italiana, unità che si
scioglieranno nel 1945 con la sconfitta del Fascismo e
l’esecuzione a morte di Mussolini.
Di fatto, l’Artiglieria moderna nasce dalle ceneri del secondo
conflitto mondiale, quando Gruppi, Brigate, Reparti e Reggimenti
vengono piano piano ricostituiti e rifondati secondo allora
nuove concezioni e presenza sul territorio.
In alcuni casi, la nascita di “gruppi” precede quella dei
Reggimenti, come il gruppo “Belluno”, già appartenuto al 2°
Reggimento nel corso del primo conflitto bellico, che
ricostituito nel 1947 sará parte integrante del 3° Reggimento il
quale verrá riorganizzato solo nel 1951, così come anche il 2° Reggimento,
caro alla Provincia di Bolzano ed alla città
Capoluogo per averlo ospitato per decenni
p presso la Caserma
“Ottone Huber” con i gruppi Asiago, Bergamo, Vicenza e Verona.
Nel 1952 viene ricostituito il 1° Reggimento di Artiglieria
legato alla terra piemontese e nell’anno successivo rivedono la
luce il
Quinto, anche esso parte integrante della storia
militare altoatesina, ospitato a Merano e Silandro, ed il 6°
Reggimento.
Con l’avvento degli Anni Settanta muta ancora l’organizzazione
dell’Artiglieria, questa volta però attraverso un processo che
appare subito irreversibile. Nel 1975, infatti, vengono sciolti
tutti i Reggimenti e numerosi gruppi per favorire una nuova
strutturazione dell’Esercito rispondente a necessità e
nuovi
impegni, quindi riorganizzati e ridistribuiti sul territorio
alpino del nostro Paese. Alla data odierna esistono tre soli
Reggimenti di Artiglieria da Montagna più un quarto che si
pregia della bandiera di guerra del 2° Reggimento di stanza a
suo tempo a Bolzano ed attualmente posizionato a Trento. Seppur peró questo Reggimento utilizzi il cappello Alpino ed abbia le
mostrine tipiche dei Reggimenti da Montagna con i colori verde,
nero e giallo, in realtà esso é un Reggimento di Artiglieria
pesante campale.
Di fatto, il territorio nazionale negli anni ha visto nascere
complessivamente sei Reggimenti di Artiglieria da Montagna; di
essi oggi
ne rimangono tre. L’evoluzione, anche professionale,
dell’Artiglieria da Montagna negli oltre cento anni che questo
glorioso
Corpo ha attraversato nella sua storia, meritandosi numerose
Medaglie al Valore, ha portato l’impiego degli uomini e delle
donne con gli obici nel fregio sul cappello anche all’estero, in
occasione delle molte missioni di pace in cui il nostro Esercito
é stato chiamato per portare la sua esperienza, come in
Albania
o nella ex Jugoslavia, ma anche in terra africana, segno
dell’apprezzamento che questo Corpo ha saputo conquistarsi.
Oggi l’Artiglieria da Montagna, dispone di sistemi di
rilevazione topografici
o di strumenti che permettono di
acquisire obiettivi e controlli del campo di battaglia,
impensabili fino a qualche anno fa, quando le gittate venivano
calcolate con le capacità
matematiche dei militari e con una precisione che probabilmente si discosta di poco da quanto
avviene oggi. Ció rende ancora piú significativo il lavoro
svolto in questi cento anni dai soldati con le mostrine
nero-verde-gialli.
Artiglieria da Montagna significa fatica, sudore e silenzio nel
passo cadenzato sui sentieri di montagna, sulla roccia, sui
ghiacciai. Ma significa anche solidarietà fra commilitoni e
unicità con i compagni di strada. Percorsi effettuati con lo
zaino in spalla, sotto il caldo sole o nella tormenta; ed
insieme ad un amico che con l’Artigliere ha convissuto e per
l’Artigliere é stato di famiglia: il Mulo.
Resistenza e tenacità sono caratteristiche che mulo ed
Artigliere hanno sempre dimostrato di possedere ed hanno
rivendicato di avere con l’orgoglio di quella gente semplice che
non si vanta dei suoi meriti e che lascia giudicare gli altri.
Senza il mulo, l’Artigliere sarebbe stato solo; senza
l’Artigliere, il mulo non avrebbe
potuto marciare.
Il
pezzo in spalla lo hanno tenuto entrambi, anche sulle
“diritte pareti” e quante volte il soldato ha alleggerito il
mulo, facendosi carico di un peso che per l’animale diventava
eccessivo. Stima e rispetto fra uomo e animale, consapevoli
entrambi di poter arrivare solo se si rimaneva insieme.
Potenti nel passo ed imponenti nel tratto, la pelle rigata
spesso dal freddo, i pesi disposti in equilibrio sulla schiena,
artigliere e mulo quante volte si sono guardati negli occhi
durante la salita negli attimi di difficoltà, uno che
incoraggiava l’altro a proseguire, l’altro che tirava l’uno
verso la
meta; “tasi e tira”, silenzio e potenza con quei 120
chili di ferro addosso che erano parte della stessa divisa che
si indossava; e la divisa, come il pezzo, non si abbandonava
mai. Uniti in tutto, mulo ed artigliere erano capaci di
dividersi tutto; come la fatica, il cibo, l’acqua e forse anche
molte maledizioni ed imprecazioni, per il freddo, per il caldo,
per la salita che non finiva mai; ma si proseguiva, uno davanti
all’altro, una carezza in più ringraziata da un gesto del mulo,
una parola ancora per farsi coraggio.
Il mulo è stato il vero compagno d’armi dell’ Artigliere e
quando qualcuno decise che al
mulo si poteva rinunciare non fu
solo
L’Artigliere a non capire; fu anche l’Uomo dentro quella
divisa che non poteva comprendere come un Corpo militare potesse
rinunciare a una parte di se stesso; era anch’esso l’anima di un
Corpo che senza Mulo ha visto morire una parte di se stesso!
Anche se nasce a Vicenza nel 1909, Bolzano è stata la sua città
adottiva. Il 2° Reggimento Artiglieria da Montagna è stato corpo
ed anima militare e civile del Capoluogo altoatesino durante i
più importanti avvenimenti che hanno caratterizzato la storia
dell’Alto Adige durante terremoti ed alluvioni, terrorismo e
integrazione.
Nella città veneta il Reggimento muove i primi passi all’inizio
di un secolo di trasformazione mondiale. Partecipa alla guerra
di Libia nel 1911 ed alla spedizione di Rodi nel 1912 con la
Grande Guerra alle porte, alla quale partecipa sulle cime
dell’Adamello, sul Piave e sul Carso trovandosi a ristrutturare
la propria formazione.
In realtà il 2° Reggimento non si trova in prima persona nel
conflitto, ma i gruppi da cui e’ composto sono chiamati a
partecipare agli scontri bellici a fianco della fanteria alpina.
Negli anni Venti, il Reggimento cambia spesso la numerazione,
alternandosi con il 3° Reggimento e scambiandosi anche la
composizione dei Gruppi che assumono numerazione consecutiva
“romana” in sostituzione della denominazione cittadina, come
peraltro avviene in tutti i Reggimenti nel periodo del Fascismo.
Ma é in quello stesso periodo che al 2° Reggimento Artiglieria
da Montagna si volle riconoscere come bandiera di guerra lo
stendardo simile a quello assegnato alla cavalleria.
Da Vicenza a Bergamo e da qui a Merano, la sede del Reggimento
viene ospitata nel 1936 presso l’attuale caserma “Rossi”, allora
Caserma “Cavour”, prima di approdare a Bolzano nel 1951.
Medaglia di bronzo al Valor militare nella campagna di Grecia
del 1941, due anni dopo il Reggimento viene inviato sul Don, insieme alla Tridentina in quella missione che vide gesta
eroiche e di gralore fra il disastro generale.
Rieccheggia ancora l’urlo “Tridentina Avanti” del
generale Reverberi. In quello stesso anno, ció che rimane
del 2° Reggimento Artiglieria da Montagna viene dislocato
in Alto Adige; qui subisce gli effetti dell’armistizio,
due giorni dopo del quale viene sciolto per essere
ricostituito solo nel 1951 a Bressanone, assegnando il
comando a Bolzano, dove viene allestita una cappe_veronaa
che ospita il Sacrario dei Caduti del 2° Reggimento.
Composta dai gruppi “Vicenza”, “Asiago” e “Verona”, sostituiti i
pezzi da 75/13 con gli obici da 105/14, nel 1975 il 2°
Reggimento viene sciolto e continua a vivere nei gruppi
“Vicenza” di stanza a Brunico che assume la Bandiera di Guerra,
ed “Asiago” di stanza a Dobbiaco, dopo la soppressione del
gruppo
“Verona” nello stesso anno.
Dal 1991 il gruppo “Vicenza” ha la propria sede a Trento, sotto
le insegne del 2° Reggimento Artiglieria Terrestre ordinate nel
2002, ricevendo, nel 2009 in occasione del suo centenario, la
cittadinanza onoraria del Comune di Vicenza.
La Guerra in Africa Orientale condotta dal Fascismo nella
ricerca di colonie, comporta un impiego militare superiore ad
ogni aspettativa.
Si avverte in sostanza la necessità di organizzare nuovi
operativi sul campo. E’ così che, l’ultimo giorno dell’anno
1935, viene costituito il 5° Reggimento Artiglieria da Montagna
chiamato proprio ad operare in quel lembo di terra così lontano
dalla nostra Patria e per il quale si immolarono anche molti
giovani soldati, per la “grandezza dell’Italia”.
Al termine della campagna d’Africa il 5° Reggimento viene
stanziato a Belluno ed è composto dai Gruppi “Belluno” e
“Lanzo”. Si prevede anche un suo impiego durante il secondo
conflitto mondiale, schierando il Reggimento contro la Francia
inizialmente nella Val Tanaro e poi di appoggio alla fanteria
alpina a Stura; qui peró non ebbe modo di intervenire poiché le
avverse condizioni del tempo dettate da bufere di neve e da
folta nebbia prima ancora che sconsigliarne l’uso, lo
impedirono.
Così nel dicembre nel 1940 il 5° Reggimento viene impiegato sul
fronte greco/albanese fino all’aprile del 1941, quando cessano
le ostilità. Due anni dopo viene sciolto per essere ricostituito
a Merano nel luglio del 1953 quale forza ai Comandi della
Brigata Alpina Orobica.
“Bergamo” , “Vestone” e “Sondrio” sono i tre gruppi che
compongono il 5° Reggimento le cui batterie dispongono di obici
diversi; dai 75/13 del primo, ai 107 del “Vestone” ai 100/17 del
“Sondrio”. A Merano, il Reggimento diventa una parte
significativa della città. Ospiterà il Centro Addestramento
Reclute provenienti dal bergamasco, forgerà nuovi ragazzi
indirizzandoli nella vita quotidiana. La piccola cittadina sul Passirio si vestirà di grigio-verde per decenni, ed i militari
del Quinto avranno modo di farsi apprezzare.
Con la riorganizzazione dell’Esercito Italiano del 1975, il
Reggimento viene sciolto e con esso anche il gruppo “Vestone”;
stessa la sorte per il “Sondrio”, seppur ciò avviene nel 1989
dopo un periodo di operatività svolta a Vipiteno. Si salverà
solo il “Bergamo” che, come tradizione militare, viene
consegnata al Gruppo piú anziano che ne assume le tradizioni,
ereditando la Bandiera di Guerra del 5° Reggimento che si formerà
come gruppo autonomo. Ed e’ proprio su questa base che il
Reggimento rivede la luce nel 1992 con sede a Silandro fino al
1995. Dalla Val Venosta infine si trasferisce nuovamente a
Merano per essere definitivamente sciolto nel 2001.
In particolare gli ambienti militari ci hanno abituato alla
presenza di una araldica che rappresentasse, con fregi e disegni
il Reggimento. Nell’araldica appare una corona turrita che
sovrasta uno scudo, spesso suddiviso in parti non per forza
uguali.
Alla base dello stemma il motto del Reggimento. Quelli
che appaiono successivamente, sono gli stemmi dei sei Reggimenti
di Artiglieria da Montagna che hanno operato negli anni sul
territorio nazionale ed una sintesi della blasonatura come
depositata presso i Comandi militari.
1° REGGIMENTO
motto: “NULLA VIA INVIA”
Sullo scudo risaltano i colori argento e rosso, gli stessi che
compaiono nello stemma del Piemonte (da cui è stato tratto anche
il lambello), regione con la quale il reggimento ha un legame
tradizionale e nello stemma di Cuneo, città ove il reggimento ha
avuto sede e nella cui provincia ha meritato una ricompensa al
Valor Civile (1957). I legami territoriali di origine, di
permanenza e di tradizione con Torino sono simboleggiati dal
torello furioso. Il capo d’oro rappresenta la M. O. V. M.
concessa al gruppo “Aosta” per le operazioni in Montenegro ed
Albania, nazioni ricordate dal leone inserito nel quartier
franco.
2° REGGIMENTO
motto: “PER ARDUA ARDENS”
Nella prima partizione i motivi di Trento e Bressanone (città
nella quale il 2° si è ricostituito nel 1951) si richiamano al
periodo in cui il reggimento è stato inquadrato nella Divisione
“Tridentina”, grande unità con la quale ha conseguito la maggior
gloria militare. Il leone di San Marco è invece simbolo unico
dei legami tradizionali che intercorrono fra il reggimento ed il
Veneto. Il capo d’oro rappresenta la M.O.V.M. meritata dal 2°
reggimento artiglieria alpina nel corso del secondo conflitto
mondiale.
3° REGGIMENTO
motto: “NOBIS INCEDENTIBUS RUPES RUUNT”
Lo scudo è stato suddiviso in due parti: nella prima sono
riportati il rosso ed il nero, colori dell’Albania sui quali è
anche l’elmo dell’ero nazionale locale (nel fronte greco -
albanese gli artiglieri del 3° hanno meritato la prima M. O. V.
M alla Bandiera); nella seconda sull’azzurro, colore del valore
e dell’amor di patria, è il tridente di Ucraina (in terra di
Russia al reggimento è stata concessa una seconda M. O. V. M.).
Il capo d’oro, in quanto pezza maggiormente onorevole dello
scudo, simboleggia le massima ricompensa al Valor Militare.
4° REGGIMENTO
motto: “SU TUTTE L’ERTE E SOPRA OGNI CIMA”
La partizione, superiore dello stemma racchiude la gloria
militare del 4° reggimento (di cui il gruppo “Pinerolo” ha
ereditato le tradizioni) conseguita nei corso della guerra
1915-18, (monti all’italiana) in Africa Orientale con una
batteria dei gruppo “Mondovì” (leone d’Etiopia), sul fronte
greco-albanese nel corso del secondo conflitto mondiale (elmo di
Scanderbeg con i colori d’Albania). Nella partizione inferiore,
con i colori distintivi della città di Cuneo, è simboleggiato il
legame tradizionale al Corpo con la città ove si è costituito il
4° reggimento artiglieria da montagna nel 1934. Il capo d’oro
ricorda la medaglia d’oro al valor militare concessa.
5° REGGIMENTO
motto: “SOPRA GLI ALTRI COME AQUILA VOLA”
Per sottolineare la continuità ed unicità di tradizioni del
reggimento è stato adottato lo scudo pieno in azzurro, colore
riferito al valore ed all’amor di Patria. L’aquila che ha negli
artigli la bocca da fuoco e vola sopra i monti (che ricordano i
teatri di operazioni) simboleggia il trasporto delle artiglierie
in alta quota, l’azione rapida e coraggiosa e la presa d’urto
contro il nemico. Nel quartier franco, il leone di Giuda ricorda
la battaglia di passo Mecan (Etiopia) nel corso della quale il
gruppo “Belluno”, all’epoca nel 5° reggimento, meritò la
M.B.V.M.
6° REGGIMENTO
motto: “FERRO IGNIQUE AD EXCELSA”
La relativa giovane età del reggimento ha consigliato il ricorso
allo scudo in argento, tipico delle tavole di aspettazione,
anche in considerazione della scarsità di elementi da blasonare.
I motivi araldici inseriti nello stemma sono riferiti alla
specialità a cui appartiene il reggimento (monti), alle località
ove ha operato nel corso del secondo conflitto mondiale
(Montenegro), ed a quanto suggerito dal motto araldico (il ferro
del dardo e la fiamma).
REPARTO |
ALLA
BANDIERA |
INDIVIDUALI |
1° Rgt. Artiglieria da Montagna
|
1 Medaglia d'Oro al V.M.
Montenegro Albania
09/09/1943-31/10/1944
1 Medaglia d'Argento al V.C.
Cuneo 14/06/1957
1 Medaglia di Bronzo al merito della
C.R.I.
Alluvione 1994 |
Medaglie d'Oro al V.M.
Ten. Boselli Rodolfo
Cap. D'Angelo Michele
Cap. De Caroli Riccardo
Serg. Bucchi Novenio |
2°
Rgt. Artiglieria da Montagna
|
1 Medaglia d'Oro al V.M.
Fronte Russo 08/1942-02/1943
1 Medaglia di Bronzo al V.M.
Fronte Greco 14/11/1940-21/04/1941 |
Medaglie d'Oro al V.M.
Cap. Bortolotti Giuseppe
Cap. Albera Luigi
Ten.Col. Calbo Carlo Luigi
S.Ten. Magnolini Leonida
Cap. Orzali Angelo
Mar.Ord. Tempesti Ferruccio
Cap. Vinco Libero |
3°
Rgt. Artiglieria da Montagna
|
1 Medaglia d'Oro al V.M.
Fronte Greco 28/10/1940-23/04/1941
1 Medaglia d'Oro al V.M.
Fronte Russo 15/09/1942-01/02/1943
1 Medaglia d'Argento al V.E.
Friuli 06/05/1976 |
Medaglie d'Oro al V.M.
Cap. Di Cocco Alfredo
Cap. Bottiglioni Carlo
Magg. Ceccaroni Mario
Cap. Franco Enrico
Serg. Giacomini Giovanni
Ten. Ranieri Bruno
S.Ten Turolla Ioao
Serg. Bortolotto Giovanni
C.le Bortolussi Aldo
C.le magg. Maronese Olivio
S.Ten. Slataper Scipio Secondo |
4°
Rgt. Artiglieria da Montagna
|
1 Medaglia d'Oro al V.M.
Fronte Russo 09/1942-02/1943
1 Medaglia di Bronzo al V.M.
Fronte Greco 15/12/1940-14/04/1941 |
Medaglie d'Oro al V.M.
Serg.Mag.
Filippi
Michele
Cap. Sibona
Silvio
Ten.Siracusa
Giulio |
5°
Rgt. Artiglieria da Montagna
|
1 Medaglia d'Oro al V.M.
Fronte Russo 08/1942-02/1943
1 Medaglia di Bronzo al V.M.
Fronte Greco 14/11/1940-21/04/1941 |
3
Medaglie d'Oro al V.M.
|
6°
Rgt. Artiglieria da Montagna
|
1 Medaglia d'Oro al V.C.
Vajont 10/1963 |
1 Medaglia d'Oro al V.M.
|
Entrato
in servizio nel 1914 l’Obice 100/17 nel 1923 arricchì la
dotazione del Corpo. Servì anche il Gruppo
“Sondrio” del 5° Reggimento.
Il 75/13 in forza al 2° ed al 5° Reggimento Artiglieria da
Montagna (Gruppo Bergamo) di stanza a Bolzano e Merano. Entrato
in servizio nel 1915, fu utilizzato anche dal Regio Impero
austro-ungarico. Quando fu dismesso, ad esso il 2° Reggimento dedicó un concorso di idee per omaggiarne il servizio. Vinse la
frase „Tuonai dalle Alpi alla steppa, ora muto vi
ascolto”, frase che fu sistemata ai piedi dell’obice
(vedi foto). Ora, presso il piazzale della Caserma „Huber”,
una riproduzione di quella targa é apposta su un obice analogo
all’esterno della palazzina Comando. La targa originale é presso
la Caserma „Pizzolato” di Trento che ospita il 2° Reggimento.
Entrato in servizio nel 1957, l’obice 105/14 che sostituì il
75/13 presso il 2° Reggimento, aveva una gittata massima class="MsoNormal" style="text-align: justify; line-height: normal; text-autospace: none; margin-left: 2px; margin-top: 0; margin-bottom: 0">
di oltre 10 km.
Con una gittata massima di 24 km. l’obice 155/39 ha servito il
1° ed il 3° Reggimento Artiglieria da Montagna.
Da cannone da Montagna a cannone di accompagnamento per la
fanteria, il 65/17 aveva una gittata di 6.500 metri. In
dotazione al regio Esercito era scomponibile in 5 carichi:
cannone - testata - slitta e freno - coda e ruote - scudi.
|